Gelosia ossessiva verso la compagna: legittimo il divieto di avvicinamento
Le condotte dell’uomo sono consistite in un controllo costante e quotidiano esercitato nei confronti della compagna e connotato anche da tentativi di invasione della sua sfera privata e lavorativa
Gelosia ossessiva verso la compagna: legittimo il divieto di avvicinamento alla donna. Inequivocabili, osservano i giudici (sentenza numero 37636 del 14 ottobre 2024 della Cassazione), le condotte dell’uomo, consistite in un controllo costante e quotidiano esercitato confronti della compagna e connotato anche da tentativi di invasione della sua sfera privata e lavorativa, nonché in percosse, minacce, ingiurie e manifestazioni di gelosia ossessiva. In Appello vengono accolte le obiezioni sollevate dal pubblico ministero e viene decisa l’applicazione, nei confronti di un uomo accusato di maltrattamenti ai danni della compagna, della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla donna ed ai luoghi da lei abitualmente frequentati, ovvero abitazione e luogo di lavoro, con la prescrizione di mantenere una distanza di almeno 500 metri, con divieto di comunicare, con qualsiasi mezzo o modalità, con lei. Sulla stessa linea di pensiero si attestano anche i giudici di Cassazione, i quali premettono che ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti è la condotta di abituale inflizione di vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, a un’altra persona (sia essa di famiglia, convivente, sottoposta alla sua autorità o affidata) che viene posta in condizione di soggezione. Tale stato di inferiorità psicologica non deve, tuttavia, necessariamente tradursi in una situazione di completo abbattimento, ma può consistere, va precisato, anche in un avvilimento generale conseguente alle reiterate vessazioni patite, cosicché, a fronte dell’abitualità dei soprusi, eventuali sporadiche reazioni vitali ed aggressive della vittima non incidono sulla sussistenza del suo stato di soggezione. Ebbene, analizzando la specifica vicenda, i magistrati pongono in rilievo la avvenuta ricostruzione del contenuto delle condotte prevaricatrici e vessatorie tenute dall’uomo, ricostruzione basata sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, e ritenute attendibili, nonché sui riscontri emersi dalle sommarie informazioni testimoniali rese da due donne vicine alla persona offesa. In sostanza, le condotte dell’uomo sono consistite in un controllo costante e quotidiano esercitato nei confronti della compagna e connotato anche da tentativi di invasione della sua sfera privata e lavorativa, nonché in percosse, minacce, ingiurie e manifestazioni di gelosia ossessiva, avvenute anche alla presenza dei figli minori della donna. In questo quadro, quindi, è erroneo, secondo i giudici, il ragionamento compiuto dalla difesa, che ha puntato a censurare la valorizzazione del singolo episodio collocato temporalmente dopo la cessazione della convivenza tra l’uomo e la donna. Su questo fronte, difatti, tale episodio è stato valutato quale ulteriore conferma della volontà di ossessivo controllo da parte dell’uomo nei confronti della persona offesa e, soprattutto, quale elemento di rilievo ai fini del giudizio di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, che hanno poi portato all’adozione del divieto di avvicinamento alla persona offesa. Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati ribadiscono anche l’inidoneità del contenuto della registrazione del litigio tra l’uomo e la donna ad incidere su consistenza e gravità del quadro indiziario a carico dell’uomo, poiché le sporadiche reazioni della vittima, spiegano, sono compatibili con lo stato di soggezione conseguente alla abitualità delle condotte vessatorie in suo danno.