Il prender tempo prima di denunciare i soprusi subiti per mano del compagno non rende meno credibile il racconto della donna

Confermata la condanna dell’uomo, ritenuto colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia ai danni della compagna

Il prender tempo prima di denunciare i soprusi subiti per mano del compagno non rende meno credibile il racconto della donna

Comprensibile, secondo i giudici, che la donna vittima tra le mura domestiche delle angherie compiute ai suoi danni dal compagno prenda tempo e non denunci subito l’uomo. Di conseguenza, questa condotta della donna, cioè il suo prendere tempo prima di far venire alla luce i maltrattamenti subiti, non può mettere in dubbio la solidità dell’accusa a carico dell’uomo. Priva di fondamento, quindi, la tesi difensiva mirata a porre in dubbio la gravità dei fatti e l’attendibilità della donna sottolineando che le vessazioni messe in atto dall’uomo non erano state subito segnalate alle forze dell’ordine. Secondo i giudici, difatti, rientra nell’ordinaria dinamica delle relazioni familiari segnate da condotte di maltrattamento il differimento nel tempo del momento in cui la vittima decide di reagire. A inchiodare l’uomo sono stati, nel caso preso in esame dai giudici, un certificato medico e le plurime testimonianze indirette rese da soggetti, anche non legati da vincoli parentali con la donna, ai quali era stato riferito il clima di grave ed abituale vessazione da lei vissuto all’interno della famiglia a causa delle condotte tenute dall’uomo. Irrilevante, invece, chiariscono i giudici, il fatto che la persona offesa non abbia tempestivamente sporto denuncia. Tale linea di condotta può, osservano i giudici, essere motivata da molteplici ragioni, quali il tentativo di salvaguardare l’unita familiare ed i figli, oppure ragioni economiche, o ancora speranze nel miglioramento della situazione all’interno della coppia. (Sentenza 44427 del 22 novembre 2022 della Corte di Cassazione)

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