Offesa ad un agente di Polizia durante un controllo anti Covid: assolto dall’accusa di oltraggio
La condotta non è inquadrabile nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale, poiché al momento del fatto era presente solo un amico dell’uomo sotto processo ed altri agenti di Polizia impegnati nel controllo

Nel mese di maggio del 2020, durante un controllo della Polizia sull’osservanza degli obblighi previsti dalle norme anti Covid, un uomo dà in escandescenza offendendo l’agente che stava effettuato l’operazione.
Per i giudici di merito l’uomo deve essere condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, ma in Cassazione la decisione viene ribaltata (Cass. pen., sez. VI, sent. 10 giugno 2024, n. 23212).
L’avvocato difensore ha giustamente sottolineato che le parole offensive non sono state proferite dal suo cliente alla presenza di più persone, contrariamente a quanto previsto dalla legge per il reato in questione. Nello specifico, avevano assistito all’episodio solo un amico dell’imputato e gli altri agenti di Polizia impegnati nelle operazioni di controllo.
La Cassazione ricorda infatti che, secondo il codice penale, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale richiede che l’offesa venga proferita in luogo pubblico e necessariamente alla presenza più persone.
Per definire l’ambito di applicazione della norma e delineare il concetto della pluralità di persone, chiariscono i giudici, occorre fare riferimento alla ratio della norma, ovvero nella esigenza di tutela e salvaguardia della reputazione dell’intera pubblica amministrazione, e non tanto del singolo pubblico ufficiale. È proprio per questo motivo che la legge riconosce una tutela rafforzata ai pubblici ufficiali rispetto ai comuni cittadini a condizione della sussistenza del requisito della pluralità di persone, intesi come civili. Solo in tali condizioni sussiste il pericolo per la considerazione sociale e l’autorevolezza della pubblica amministrazione rappresentata dal pubblico ufficiale.
In conclusione, nel caso di specie, i giudici di merito hanno errato a ritenere integrato il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, a fronte delle offese rivolte dall’imputato al vicesovrintendente di Polizia, alla presenza dell’amico, unico privato cittadino ad aver assistito al fatto.