Ricevuta somma frutto di ‘phishing’: non automatica la condanna

Erroneo desumere la responsabilità della persona che ha ricevuto l’accredito, poiché tale circostanza non è, di per sé, sufficiente a comprovare che la persona sia il soggetto che si è intromesso abusivamente nel conto corrente del soggetto truffato e ha inviato il link attraverso cui è stata realizzata la truffa nota come ‘phishing’

Ricevuta somma frutto di ‘phishing’: non automatica la condanna

Ricevere sulla propria Postepay una somma che è stata sottratta tramite ‘phishing’ al titolare di un conto corrente non basta per essere ritenuti colpevoli del reato di frode informatica. Questo il paletto fissato dai giudici, chiamati a prendere in esame l’accusa a carico di una donna, che aveva ricevuto l’accredito di una somma di denaro sottratta in maniera truffaldina, cioè tramite ‘phishing’, a una persona titolare di un conto corrente. I giudici sostengono sia necessario identificare il soggetto che ha inviato al correntista truffato il link fatale, prima di poter ipotizzare una responsabilità della beneficiario dell’accredito. In sostanza, è erroneo desumere la responsabilità della donna esclusivamente dalla titolarità, da parte sua, della Postepay che ha ricevuto l’accredito proveniente dal conto corrente intestato alla persona offesa, poiché tale circostanza non è, di per sé, sufficiente a comprovare che la donna sia il soggetto che si è intromesso abusivamente nel conto corrente del correntista truffato e ha inviato il link attraverso cui è stata realizzata la truffa nota come ‘phishing’. (Sentenza 2682 del 23 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)

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